Libro Secondo - Dei Delitti in Particolare - Titolo XII Dei Delitti Contro la Persona
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 37352.
1. col concorso di taluna delle circostanze indicate nel n. 2 dell'articolo 61;
2. contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione;
3. dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;
4. dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;
5. in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies. (2)
5.1) dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis nei confronti della stessa persona offesa. (3)
5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio. (4)
È latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel n. 6 dell'articolo 61.
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224.
(2) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(3) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(4) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b sexies) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
1) contro l'ascendente o il discendente;
2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;
3) con premeditazione;
4) col concorso di taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.
La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale.
Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 28 marzo 2008, n. 13410.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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Cfr. Tribunale di Savona, sentenza 6 dicembre 2007, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 30 aprile 2008, n. 17505, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 8 settembre 2008, n. 34765 e Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 21 gennaio 2009, n. 2437.
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;
[3) se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto. (1)
La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;
[5) l'aborto della persona offesa. (2)
(1) Numero abrogato dall'art. 22, Legge 22 maggio 1978, n. 194.
(2) Numero abrogato dall'art. 22, Legge 22 maggio 1978, n. 194.
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Cfr. Tribunale di Savona, sentenza 6 dicembre 2007.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.
La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.
(1) Articolo inserito dall’art. 6, comma 1, della L. 9 gennaio 2006, n. 7
(1) Articolo inserito dall’art. 6, comma 1, della L. 9 gennaio 2006, n. 7
Agli effetti della legge penale, per armi s'intendono:
1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;
2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.
Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.
(1) Il precedente comma che recitava: “Nei casi preveduti dagli articoli 582, 583 e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 576; ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive.” è stato così sostituito dall’art. 3, comma 59, della L. 15 luglio 2009, n. 94
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 3 novembre 2008, n. 41026, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 24 aprile 2009, n. 17610, Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 29 maggio 2009, n. 22676, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 settembre 2009, n. 35099 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 20 ottobre 2009, n. 40587.
Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.
Se il colpevole cagiona, nelle stesse circostanze, alle dette persone, una lesione personale, le pene stabilite negli articoli 582 e 583 sono ridotte a un terzo; se dalla lesione personale deriva la morte, la pena è della reclusione da due a cinque anni.
Non è punibile chi, nelle stesse circostanze, commette contro le dette persone il fatto preveduto dall'articolo 581.
(1) Articolo abrogato dall'art. 1, Legge 5 agosto 1981, n. 442.
Se nella rissa taluno rimane ucciso o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l'uccisione o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. (1) (2)
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. (3)
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici. (4)
(1) La parola: “cinque” è stata così sostituita dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(2) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
(3) Questo comma è stato inserito dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(4) Le parole: “anni dodici” sono state così sostituite dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 3), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 12 ottobre 2007, n. 37606, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 10 gennaio 2008, n. 840, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 14 marzo 2008, n. 11335, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 3 aprile 2008, n. 13939, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 17 giugno 2009, n. 25437, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 settembre 2009, n. 35099 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 21 settembre 2009, n. 36581.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni. Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. (1) (2)
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
(1) Periodo aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. d), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(2) Comma così sostituito dall’art. 2, comma 2, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 4 luglio 2007, n. 25474, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 20 febbraio 2008, n. 7730, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 16 settembre 2009, n. 35874 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 23 settembre 2008, n. 36497. Quando ricorre la circostanza di cui all'articolo 589, terzo comma, ultimo periodo, ovvero quella di cui all'articolo 590, quarto comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.
(1) Articolo inserito dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.
La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 2 marzo 2009, n. 9276.
La pena è della reclusione da sei mesi a due anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da due a cinque anni se ne deriva la morte del neonato.
Non si applicano le aggravanti stabilite nell'articolo 61.
(1) Articolo abrogato dall'art. 1, Legge 5 agosto 1981, n. 442. Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro. (1)
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.
(1) Le parole: “è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila” sono state così sostituite dall’art. 1 della L. 9 aprile 2003, n. 72
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.
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Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 13 luglio 2007, n. 27966, Cassazione penale, sez. V, sentenza 20 luglio 2007, n. 29413, Cassazione penale, sez. V, sentenza 14 novembre 2007, n. 42064, Cassazione penale, sez. V, sentenza 27 febbraio 2008, n. 8639, Cassazione penale, sez. V, sentenza 25 luglio 2008, n. 31388 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 16 settembre 2009, n. 35880.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 10 marzo 2008, n. 10735, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 31 marzo 2008, n. 13540, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 24 settembre 2008, n. 36623, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 7 gennaio 2009, n. 25, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 27 gennaio 2009, n. 1976, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 febbraio 2009, n. 3340, Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 18 febbraio 2009, n. 7069, Tribunale di Cassino, ufficio del Gip, sentenza 26 giugno 2009, Cassazione penale, sez. V, sentenza 16 settembre 2009, n. 35880, Cassazione penale, sez. V, sentenza 23 settembre 2009, n. 37105, Cassazione penale, sez. V, sentenza 24 settembre 2009, n. 37442, Cassazione penale, sez. V, sentenza 24 novembre 2009, n. 45051 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 1 dicembre 2009, n. 46077.
Tuttavia, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l'offensore possono, d'accordo, prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì d'onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.
Quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale:
1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue funzioni;
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tutt'ora aperto o si inizia contro di essa un procedimento penale;
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità del fatto ad esso attribuito.
Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito, è per esso condannata dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non rendano per se stessi applicabili le disposizioni dell'art. 594, comma 1, ovvero dell'articolo 595, comma 1.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 28 gennaio 2008, n. 4129.
Se la persona offesa e l'offensore hanno esercitato la facoltà indicata nel capoverso dell'articolo precedente, la querela si considera tacitamente rinunciata o rimessa.
Se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre la querela, o se si tratta di offesa alla memoria di un defunto, possono proporre querela i prossimi congiunti, l'adottante e l'adottato. In tali casi, e altresì in quello in cui la persona offesa muoia dopo avere proposta la querela, la facoltà indicata nel capoverso dell'articolo precedente spetta ai prossimi congiunti, all'adottante e all'adottato.
Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza.
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Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 16 settembre 2009, n. 35880.
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all'offensore che non abbia proposto querela per le offese ricevute.
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Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 21 novembre 2007, n. 43089 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 21 gennaio 2008, n. 3131.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.
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Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 15 dicembre 2008, n. 46128.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164.
Nel caso in cui il fatto di cui al secondo comma sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni. Se l'autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi.
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Cfr. Tribunale di Milano, sez. IX penale, sentenza 10 luglio 2007, n. 2761.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde (2) o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. (3)
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità. (4)
(1) Comma così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. a), della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(2) La parola: “diffonde” è stata inserita dall’art. 2, comma 1, lett. b), della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(3) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. c), della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(4) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. d), della L. 6 febbraio 2006, n. 38
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Cfr. Tribunale di Lamezia Terme, sez. unica penale, sentenza 4 giugno 2007, n. 252, Tribunale di Milano, sez. IX penale, sentenza 10 luglio 2007, n. 2761, Cassazione penale, sez. III, sentenza 14 gennaio 2008, n. 1814 e Cassazione penale, sez. III, sentenza 14 gennaio 2008, n. 2781.
La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità.
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Cfr. Cassazione penale, sez. III, sentenza 14 gennaio 2008, n. 2781, Cassazione penale, sez. III, sentenza 14 gennaio 2008, n. 1814 e Cassazione penale, sez. III, sentenza 23 settembre 2008, n. 36364.
Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.
(1) Questo articolo è stato inserito dall’art. 4 della L. 6 febbraio 2006, n. 38
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Cfr. Tribunale di Milano, sez. X penale, sentenza 19 luglio 2007, n. 2161.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, se il fatto è commesso in danno di minore, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso da un ascendente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado, da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o da persona a cui il minore è stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro, ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni ovvero se è commesso in danno di minore in stato di infermità o minoranza psichica, naturale o provocata.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter la pena è aumentata se il fatto è commesso con violenza o minaccia.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis e 600-ter, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è ridotta da un terzo alla metà per chi si adopera concretamente in modo che il minore degli anni diciotto riacquisti la propria autonomia e libertà.
Nei casi previsti dagli articoli 600, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 600 sexies, 600 septies, 600 octies, 601, 602 e 416, sesto comma, le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti. (1) Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al primo e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti. (2)
(1) Comma inserito dall’art. 3, comma 56, della L. 15 luglio 2009, n. 94
(2) Comma inserito dall’art. 15, comma 4, della L. 11 agosto 2003, n. 228
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti di cui al primo comma comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
(1) Articolo inserito dall’art. 7 della L. 3 agosto 1198, n. 269, modificato dall’art. 15, comma 5, della L. 11 agosto 2003, n. 228.
(2) Comma aggiunto dall’art. 5 della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(1) Articolo inserito dall’art. 3, comma 19, lett. a), della L. 15 luglio 2009, n. 94
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 2 della L. 11 agosto 2003, n. 228.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 della L. 11 agosto 2003, n. 228.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 8 giugno 1981, n. 96, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’intero articolo.
(1) Le parole: “cittadino straniero” sono state così sostituite dall’art. 6, comma 2, della L. 9 gennaio 2006, n. 7
La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge;
2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni. (1)
Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo. (1)
Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:
1) affinchè il minore riacquisti la propria liberta;
2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore. (1)
(1) Comma aggiunto dall’art. 3, comma 29, lett. a), della L. 15 luglio 2009, n. 94 Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 2 agosto 2007, n. 31510 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 28 febbraio 2008, n. 8276 in Altalex Massimario.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 15 maggio 2007, n. 18687.
La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale rivestito, per ragione del suo ufficio, di una qualsiasi autorità sulla persona custodita.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
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Cfr. Cassazione penale, sez. IV, sentenza 8 giugno 2007, n. 22520, Corte d'Appello di Milano, sez. II, sentenza 15 giugno 2007, Cassazione penale, sez. III, sentenza 21 luglio 2007, n. 25112, Cassazione penale, sez. III, sentenza 3 settembre 2007, n. 33761, Cassazione penale, sez. III, sentenza 5 novembre 2007, n. 40542, Cassazione penale, sez. III, sentenza 21 novembre 2007, n. 42979, Cassazione penale, sez. III, sentenza 29 gennaio 2008, n. 4532, Cassazione penale, sez. III, sentenza 29 gennaio 2008, n. 4538, Cassazione penale, sez. I, sentenza 7 febbraio 2008, n. 6072, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 12 marzo 2008, n. 11100 , Cassazione penale, sez. III, sentenza 3 aprile 2008, n. 13983, Cassazione penale, sez. III, sentenza 9 aprile 2008, n. 14744, Tribunale di Enna, sentenza 21 maggio 2008, Cassazione penale, sez. III, sentenza 3 luglio 2008, n. 26766, Cassazione penale, sez. III, sentenza 21 luglio 2008, n. 30403 e Cassazione penale, sez. III, sentenza 9 settembre 2009, n. 34870.
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
5 bis) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa. (1)
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.
(1) Numero aggiunto dall’art. 3, comma 23, della L. 15 luglio 2009, n. 94
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Cfr. Cassazione penale, sez. I, sentenza 7 febbraio 2008, n. 6072 e Tribunale di Enna, sentenza 21 maggio 2008.
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. (1)
Al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni. (2)
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi.
Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.
(1) Numero così sostituito dall’art. 6, comma 1, lett. a) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(2) Comma inserito dall’art. 6, comma 1, lett. b) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
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Cfr. Cassazione penale, sez. III, sentenza 4 ottobre 2007, n. 36389 e Tribunale di Enna, sentenza 21 maggio 2008.
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Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 24 luglio 2007, n. 322.
Salvo quanto previsto dall'articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
La querela proposta è irrevocabile.
Si procede tuttavia d'ufficio:
1) se il fatto di cui all'articolo 609-bis è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto; (1)
2) se il fatto è commesso dall'ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza; (2)
3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni;
4) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio;
5) se il fatto è commesso nell'ipotesi di cui all'articolo 609-quater, ultimo comma.
(1) La parola: “quattordici” è stata così sostituita dall’art. 7, comma 1, lett. a), della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(2) Numero così sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. b) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
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Cfr. Tribunale di Enna, sentenza 21 maggio 2008.
Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter.
La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'articolo 112.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 8 settembre 2008, n. 34830 e Cassazione Penale, sez. III, sentenza 25 marzo 2010, n. 11560.
1) la perdita della potestà del genitore, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo o circostanza aggravante (2) del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa.
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter e 609-octies, se commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, 609-quater e 609-quinquies, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori. (3)
(1) Parole inserite dall’art. 8, comma 1, lett. a) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(2) Parole inserite dall’art. 8, comma 1, lett. b) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(3) Comma aggiunto dall’art. 8, comma 1, lett. c) della L. 6 febbraio 2006, n. 38
Nei casi previsti dal primo comma l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado di procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'autorità giudiziaria che procede.
In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali. Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresì l'autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento.
(1) Le parole: “600 octies” sono state aggiunte dall’art. 3, comma 19, lett. c), della L. 15 luglio 2009, n. 94
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 21 gennaio 2009, n. 2437, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 16 marzo 2009, n. 11522, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 31 luglio 2009, n. 31758 e Tribunale di Lecco, sez. II, sentenza 10 maggio 2010.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.
Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 14 ottobre 2008, n. 38711, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 26 gennaio 2009, n. 3492, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 3 marzo 2009, n. 9718 e Cassazione Penale, sez. V, sentenza 6 maggio 2009, n. 19021.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonchè quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
(1) Articolo inserito dal D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.
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Cfr. Tribunale di Bari, sentenza 6 aprile 2009 e Cassazione Penale, sez. V, sentenza 26 marzo 2010, n. 11945.
Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 579 non esclude la punibilità.
La pena è della reclusione fino a cinque anni:
1) se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato;
2) se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto.
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
La pena è da uno a cinque anni , e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.
(1) Le parole: “fino a tre anni” sono state così sostituite dall’art. 3, comma 24, della L. 15 luglio 2009, n. 94
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 5 giugno 2008, n. 22602 e Cassazione Penale, sez. V, sentenza 9 luglio 2009, n. 28251.
Se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge, la pena è della reclusione fino a un anno.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 14 gennaio 2008, n. 1766.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 2 ottobre 2007, n. 36068, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 18 marzo 2008, n. 12042 e Cassazione Penale, sez. V, sentenza 9 luglio 2009, n. 28251 .
La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesamente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 1° ottobre 2007, n. 37322.
La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da euro 5.164 a euro 10.329 se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell'articolo 617-quater.
(1) Articolo così modificato dalla L. 18 marzo 2008, n. 48.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza" si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica, ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.
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Cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza 19 dicembre 2007, n. 47096.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 28 ottobre 2007, n. 40249 e Cassazione Penale, sez. V, sentenza 9 luglio 2009, n. 28251.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.
I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.
Tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:
1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;
2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;
3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 2 novembre 2009, n. 42033.
Se il colpevole senza giusta causa rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 30 a euro 516.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 27 aprile 2009, n. 17744 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2009, n. 20819.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (1), sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
(1) Parole introdotte dall’art. 15, comma 3, lett. c) della L. 28 dicembre 2005, n. 262
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.Codice Penale