Libro Secondo - Dei Delitti in Particolare - Titolo X Dei Delitti Contro la Integrità e la Sanità della Stirpe (1)
Chiunque cagiona l'aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.
Chiunque cagiona l'aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all'aborto.
Si applica la disposizione dell'articolo precedente:
1) se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d'intendere o di volere;
2) se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.
La donna che si procura l'aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni.
Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato preveduto dall'articolo precedente, istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole mezzi idonei, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se dal fatto preveduto dall'articolo 545 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da dodici a venti anni; se deriva una lesione personale, si applica la reclusione da dieci a quindici anni.
Se dal fatto preveduto dall'articolo 546 deriva la morte della donna, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni; se deriva una lesione personale, è della reclusione da tre a otto anni.
Chiunque somministra a una donna creduta incinta mezzi diretti a procurarle l'aborto, o comunque commette su lei atti diretti a questo scopo, soggiace, se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della donna, alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli 582, 583 e 584.
Qualora il fatto sia commesso col consenso della donna, la pena è diminuita.
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 545, 546, 547, 548, 549 e 550 è commesso per salvare l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due terzi.
Chiunque compie, su persona dell'uno o dell'altro sesso, col consenso di questa, atti diretti a renderla impotente alla procreazione è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire cinquantamila a duecentomila.
Alla stessa pena soggiace chi ha consentito al compimento di tali atti sulla propria persona.
Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o fa propaganda a favore di esse è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Chiunque, essendo affetto da sifilide e occultando tale suo stato, compie su taluno atti tali da cagionargli il pericolo di contagio, è punito, se il contagio avviene, con la reclusione da uno a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi, essendo affetto da blenorragia e occultando tale suo stato, compie su taluno gli atti preveduti dalla disposizione precedente, se il contagio avviene e da esso deriva una lesione personale gravissima.
In ambedue i casi il colpevole è punito a querela della persona offesa.
Se il colpevole ha agito a fine di cagionare il contagio, si applicano le disposizioni degli articoli 583, 584 e 585.
Se il colpevole di uno dei delitti preveduti dall'articolo 545, dalla prima parte e dal secondo capoverso dell'articolo 546, dagli articoli 548, 549, 550, dalla prima parte dell'articolo 552 e dall'art. 553 è persona che esercita una professione sanitaria, la pena è aumentata.
Nel caso di recidiva, l'interdizione dalla professione sanitaria è perpetua.
La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all'aborto.
Si applica la disposizione dell'articolo precedente:
1) se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d'intendere o di volere;
2) se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.
Se dal fatto preveduto dall'articolo 546 deriva la morte della donna, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni; se deriva una lesione personale, è della reclusione da tre a otto anni.
Qualora il fatto sia commesso col consenso della donna, la pena è diminuita.
Alla stessa pena soggiace chi ha consentito al compimento di tali atti sulla propria persona.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Alla stessa pena soggiace chi, essendo affetto da blenorragia e occultando tale suo stato, compie su taluno gli atti preveduti dalla disposizione precedente, se il contagio avviene e da esso deriva una lesione personale gravissima.
In ambedue i casi il colpevole è punito a querela della persona offesa.
Se il colpevole ha agito a fine di cagionare il contagio, si applicano le disposizioni degli articoli 583, 584 e 585.
Nel caso di recidiva, l'interdizione dalla professione sanitaria è perpetua.