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Libro Quarto - Delle Obbligazioni - Titolo II Dei Contratti in Generale
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Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11 febbraio 2008, n. 3179, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21 febbraio 2008, n. 4446, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 27 marzo 2008, n. 7930 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 22 settembre 2008, n. 23949.

Tutti i contratti ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare , sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo.

Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 giugno 2009, n. 14864.


I requisiti del contratto sono:
1) l'accordo delle parti;
2) la causa;
3) l'oggetto;
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.


Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.
L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa.
Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 maggio 2008, n. 12631 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545.

Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione.
L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 28 febbraio 2007, n. 4634.

La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subìte per l'iniziata esecuzione del contratto. L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione.

Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo , la revoca è senza effetto. Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia.

La proposta o l'accettazione, quando è fatta dall'imprenditore nell'esercizio della sua impresa , non perde efficacia se l'imprenditore muore o diviene incapace prima della conclusione del contratto , salvo che si tratti di piccoli imprenditori o che diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze.

Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329.
Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, ordinanza 2 febbraio 2009, n. 2568 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 30 giugno 2009, n. 2218.

Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta all'organo che sia stato costituito per l'attuazione del contratto o, in mancanza di esso a tutti i contraenti originari.

La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata.
Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.

Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.

La proposta, l'accettazione , la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario , se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 24 luglio 2007, n. 16327.

L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta , salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi.
La revoca dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o in forma equipollente , è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545.

Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

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Cfr. Tribunale di Lecco, sentenza 14 giugno 2007, n. 657, Tar Lazio-Roma, sez. III, sentenza 10 settembre 2007, n. 8761, Tribunale di Bolzano, sez. II civile, sentenza 20 ottobre 2007, n. 1305, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24791 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24795.

La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto , non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.

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Cfr. Tar Lazio-Roma, sez. III, sentenza 10 settembre 2007, n. 8761.

Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 5 giugno 2009, n. 12996.

Le clausole d'uso s'intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti.

Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 gennaio 2009, n. 1957, Tribunale di Piacenza, sentenza 21 settembre 2009, n. 599 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2010, n. 11594.

Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari , predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate.
Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2010, n. 11361.


La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.

Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 marzo 2008, n. 7485.

Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe.


L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088.

Il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile prima dell'avveramento della condizione o della scadenza del termine.

La prestazione di cose future può essere dedotta in contratto , salvi i particolari divieti della legge.

Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.
La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo.
Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento.


Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie , il diritto del concedente e dell'enfiteuta;
3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione;
5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;
7) i contratti di anticresi;
8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;
9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato ;
11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;
12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti;
13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545.

Il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2010, n. 11371.

Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo.


Le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.

È nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.
La condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva; se è risolutiva, si ha come non apposta.
Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un patto singolo del contratto, si osservano, riguardo l'efficacia del patto, le disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall'articolo 1419.

È nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente da quella del debitore.

In pendenza della condizione sospensiva l'acquirente di un diritto può compiere atti conservativi.
L'acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in pendenza di questa, esercitarlo, ma l'altro contraente può compiere atti conservativi.

Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa; ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione.

Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell'altra parte.

La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa.

Gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto , salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso.
Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad esecuzione continuata o periodica , l'avveramento di essa, in mancanza di patto contrario, non ha effetto riguardo alle prestazioni già eseguite.

L'avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condizione stessa spettava l'esercizio del diritto.
Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata.


Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 Maggio 2008, n. 11501, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 giugno 2008, n. 14788, Cassazione Civile, sez. sez. II, sentenza 2 febbraio 2009, n. 2561, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 maggio 2009, n. 10232 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 25 giugno 2009, n. 14941.

Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo il senso che risulta dal complesso dell'atto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 giugno 2008, n. 14788 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 giugno 2009, n. 14864.

Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.

Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.

Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede.

Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 3 dicembre 2008, n. 28753.

Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell'impresa.

Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088.

Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 866.

Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato , se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.



Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.
Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 6 luglio 2007, n. 15264.

Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente , ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita.
E' salvo in ogni caso il patto contrario.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10 novembre 2008, n. 26863.

Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità. Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2007, n. 20592, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2008, n. 11908 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 settembre 2009, n. 20106.

Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata , la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.

Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose , anche se omogenee, si applica la disposizione dell'articolo precedente, ancorché, per determinati effetti, le cose debbano essere numerate, pesate o misurate.

Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere la proprietà si trasmette con l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti . Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro, l'individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore o allo spedizioniere.

Il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti , e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti.

Se, con successivi contratti, una persona concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito.
Se nessuno dei contraenti ha conseguito il godimento, è preferito quello che ha il titolo di data certa anteriore.
Sono salve le norme relative agli effetti della trascrizione.

Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.

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Cfr. Corte d'Appello di Roma, sez. II, sentenza 8 novembre 2007.


La clausola, con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'adempimento , uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 marzo 2008, n. 8071.

Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale , se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.

La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento.

Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro, o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 11 marzo 2008, n. 6463, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 22 aprile 2008, n. 10394 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 14 gennaio 2009, n. 553.

Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso.
In questo caso, il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.


Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall'interessato.

Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato.

Quando la rappresentanza è conferita dall'interessato , per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato.
In ogni caso, per la validità del contratto concluso dal rappresentante è necessario che il contratto non sia vietato al rappresentato.

Il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era viziata la volontà di questo.

Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d'ignoranza di determinate circostanze , si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato.
In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d'ignoranza o di buona fede del rappresentante.

La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.

Il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata.

Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 luglio 2007, n. 15981 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 9 gennaio 2008, n. 174.

È annullabile il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante di un'altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificatamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d'interessi.
L'impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato.

Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto.
Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall'interessato non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate.

Il rappresentante è tenuto a restituire il documento dal quale risultano i suoi poteri, quando questi sono cessati.

Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente, il contratto può essere ratificato dall'interessato , con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso.
La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi.
Il terzo e colui che ha contrattato come rappresentante possono d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica.
Il terzo contraente può invitare l'interessato a pronunciarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica s'intende negata.
La facoltà di ratifica si trasmette agli eredi.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 maggio 2008, n. 11509 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 25 giugno 2009, n. 14952.

Le speciali forme di rappresentanza nelle imprese agricole e commerciali sono regolate dal libro V.


Nel momento della conclusione del contratto una parte può riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10 ottobre 2009, n. 23066.

La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all'altra parte nel termine di tre giorni dalla stipulazione del contratto, se le parti non hanno stabilito un termine diverso.
La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata dall'accettazione della persona nominata o se non esiste una procura anteriore al contratto.

La dichiarazione di nomina e la procura o l'accettazione della persona nominata non hanno effetto se non rivestono la stessa forma che le parti hanno usata per il contratto, anche se non prescritta dalla legge.
Se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità , deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l'indicazione dell'atto di procura o dell'accettazione della persona nominata.

Quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato.

Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti, il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari.


Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta.

Se una parte ha consentito preventivamente che l'altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata o in cui essa l'ha accettata.
Se tutti gli elementi del contratto risultano da un documento nel quale è inserita la clausola «all'ordine» o altra equivalente, la girata del documento produce la sostituzione del giratario nella posizione del girante.

Il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui la sostituzione diviene efficace nei confronti di questo.
Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Nel caso previsto dal comma precedente, il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell'inadempimento del cessionario, entro quindici giorni da quello in cui l'inadempimento si è verificato; in mancanza è tenuto al risarcimento del danno.

Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione.

Il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto.
Se il cedente assume la garanzia dell'adempimento del contratto, egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto.


E' valida la stipulazione a favore di un terzo , qualora lo stipulante vi abbia interesse.
Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare.
In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2009, n. 10741.

Se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una disposizione testamentaria e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest'ultimo caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca.
La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente.

Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.

Il contratto simulato non produce effetto tra le parti.
Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.
Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario.

La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti , né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.
I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti.

La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato.
I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all'atto simulato.

La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato , anche se è proposta dalle parti.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 14 marzo 2008, n. 7048.


Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.
Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346.
Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 19 dicembre 2007, n. 26724, Tribunale di Trapani, sez. civile, sentenza 30 agosto 2007, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 7 febbraio 2008, n. 2860, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 1 aprile 2008, n. 8445, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 18 giugno 2008, n. 16597 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 1° ottobre 2009, n. 2866.

La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità.
La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 21141.

L'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.

Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente.

Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.



Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare.
E' parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di volere.

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Cfr. Tribunale di Torino, sez. III civile, sentenza 22 maggio 2009, n. 4011.

Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri occultato la sua minore età; ma la semplice dichiarazione da lui fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all'impugnazione del contratto.


Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza, o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del contratto, secondo le disposizioni seguenti.

L'errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile dall'altro contraente.

L'errore è essenziale:
1) quando cade sulla natura o sull'oggetto del contratto;
2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso;
3) quando cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti del consenso;
4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto.

L'errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso.

L'errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo.

La parte in errore non può domandare l'annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere.

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato.

La violenza è causa di annullamento del contratto anche se esercitata da un terzo.

La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone.

La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui.
Se il male minacciato riguarda altre persone, l'annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice.

Il solo timore riverenziale non è causa di annullamento del contratto.

La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti.

Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato.
Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.

Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni.


L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.
L'incapacità del condannato in istato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.

L'azione di annullamento si prescrive in cinque anni.
Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità legale , il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione , ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età.
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto.
L'annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, anche se è prescritta l'azione per farla valere.

Se il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio.

Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento , mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo.
Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità.
La convalida non ha effetto, se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto.

L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento.

Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.


Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona , può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata.
Il giudice nel pronunciare la rescissione, può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera prestata.

Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto.
L'azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto.
La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta.
Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori.
Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione.

L'azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto ; ma se il fatto costituisce reato, si applica l'ultimo comma dell'articolo 2947.
La rescindibilità del contratto non può essere opposta in via di eccezione quando l'azione è prescritta.

Il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità.

Il contratto rescindibile non può essere convalidato.

La rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione.



Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10 maggio 2007, n. 10678 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 14 gennaio 2009, n. 553.

Alla parte inadempiente l'altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine , con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro risoluto.
Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore.
Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 15 giugno 2010, n. 14292.

Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 13 febbraio 2008, n. 3472 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 18 febbraio 2008, n. 3954.

I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.
In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva.

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Cfr. Consigloio di Stato, sez. VI, sentenza 9 settembre 2008, n. 4304.

Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro tre giorni.
In mancanza, il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.

La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita , non pregiudica i diritti acquistati dai terzi , salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.

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Cfr. Tribunale di Modena, sez. I civile, sentenza 9 giugno 2009, n. 904.

Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'inadempimento di una delle parti non importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria , salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.
Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze , il rifiuto è contrario alla buona fede.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 ottobre 2007, n. 21973, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 6 febbraio 2008, n. 2800, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4060 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 gennaio 2010, n. 74.

Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia.

La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità , di annullabilità e di rescissione del contratto.
Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se del caso, una cauzione.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21 febbraio 2008, n. 4446.


Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 giugno 2009, n. 15080.

Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali , il perimento della cosa per una causa non imputabile all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui l'effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine.
Qualora oggetto del trasferimento sia una cosa determinata solo nel genere , l'acquirente non è liberato dall'obbligo di eseguire la controprestazione, se l'alienante ha fatto la consegna o se la cosa è stata individuata.
L'acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l'impossibilità è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione.

Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'impossibilità della prestazione di una delle parti non importa scioglimento del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.


Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458.
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 20 marzo 2009, n. 6891.

Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti.


Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.

(1) Articolo così modificato dall'articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2007, n. 20592.

(1) Articolo eliminato dall'articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

(1) Articolo eliminato dall'articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

(1) Articolo eliminato dall'articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

(1) Articolo eliminato dall'articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 21 maggio 2008, n. 13051.