Libro Quinto - Del Lavoro - Titolo II Del Lavoro nell'Impresa
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Cfr. T.A.R., Veneto-Venezia, sez. I, sentenza 26 marzo 2009, n. 881 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 aprile 2010, n. 8262.
Le altre condizioni per l'esercizio delle diverse categorie d'imprese sono stabilite dalla legge e dalle norme corporative(1).
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La legge stabilisce altresì i casi e i modi nei quali si esercita la vigilanza dello Stato sulla gestione delle imprese.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 luglio 2009, n. 16196.
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(1) Si veda il D.L.vo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 20 agosto 2007, n. 16148 e Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 27 dicembre 2007, n. 6687, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 novembre 2007, n. 23162, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1068, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 29 gennaio 2008, n. 1971, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 29 gennaio 2008, n. 1988, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 1 febbraio 2008, n. 5117, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4067, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4718, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4781, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9817, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 aprile 2008, n. 9898, Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 15 aprile 2008, n. 1739, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 22 aprile 2008, n. 16466, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 20 maggio 2008, n. 12735, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 3 luglio 2008, n. 18376, Corte d'Appello di Potenza, sez. lavoro, sentenza 18 luglio 2008, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 luglio 2008, n. 20188, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 11 settembre 2008, n. 22858, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 14 ottobre 2008, n. 38819, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 gennaio 2009, n. 45, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 gennaio 2009, n. 1838, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 17 febbraio 2009, n. 3785,e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 17 marzo 2009, n. 6454, Tribunale di Lanusei, sentenza 31 marzo 2009, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 giugno 2009, n. 15327 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 22 febbraio 2010, n. 4063.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La magistratura del lavoro decide in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l'imprenditore. Può anche, prima di decidere, sentire l'associazione professionale alla quale appartiene l'imprenditore, assumere le informazioni e compiere le indagini che ritiene necessarie.
Contro la sentenza della magistratura del lavoro l'imprenditore e il pubblico ministero possono proporre ricorso per cassazione a norma dell'articolo 426 del codice di procedura civile.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Qualora l'imprenditore non vi ottemperi nel termine fissato, la magistratura del lavoro può ordinare la sospensione dell'esercizio dell'impresa o, se la sospensione è tale da recare pregiudizio all'economia nazionale, può nominare un amministratore che assuma la gestione dell'impresa, scegliendolo fra le persone designate dall'imprenditore, se riconosciute idonee, e determinandone i poteri e la durata.
Se si tratta di società, la magistratura del lavoro, anziché nominare un amministratore, può assegnare un termine entro il quale la società deve provvedere a sostituire gli amministratori in carica con altre persone riconosciute idonee.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate(1).
Sono salve le diverse disposizioni della legge.
(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell'abrogazione dell'ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 luglio 2008, n. 20532 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n. 17455.
Le leggi speciali e le norme corporative, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell'impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 13 luglio 2009, n. 16336 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n. 17455.
L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova.
Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto , senza l'obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro.
In quest'ultimo caso l'apposizione del termine è priva di effetto, se è fatta per eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato.
Se la prestazione di lavoro continua dopo la scadenza del termine e non risulta una contraria volontà delle parti, il contratto si considera a tempo indeterminato.
Salvo diversa disposizione delle norme corporative se il contratto di lavoro è stato stipulato per una durata superiore a cinque anni, o a dieci se si tratta di dirigenti, il prestatore di lavoro può recedere da esso trascorso il quinquennio o il decennio, osservata la disposizione dell'articolo 2118.
(1) Articolo abrogato dall'art. 9 della Legge 18 aprile 1962, n. 230.
La domanda di annullamento è proposta dal pubblico ministero, su denunzia dell'ufficio di collocamento, entro un anno dalla data dell'assunzione del prestatore di lavoro.
In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice.
Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1074 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 marzo 2008, n. 7393.
Le norme corporative determinano i rami di produzione e i casi in cui si verificano le condizioni previste nel comma precedente e stabiliscono i criteri per la formazione delle tariffe(1).
(1) Comma abrogato per effetto della soppressione dell'ordinamento corporativo.
Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e in ragione degli stessi. In questo caso la sostituzione o la variazione della tariffa non diviene definitiva se non dopo il periodo di esperimento stabilito dalle norme corporative(1).
L'imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario. Deve altresì comunicare i dati relativi alla quantità di lavoro eseguita e al tempo impiegato.
(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell'abrogazione dell'ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Ogni patto contrario è nullo.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 agosto 2007, n. 17940, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 settembre 2007, n. 18580, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 dicembre 2007, n. 25313, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 21 dicembre 2007, n. 27113, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 gennaio 2008, n. 1430, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 febbraio 2008, n. 2621, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 febbraio 2008, n. 3304, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 febbraio 2008, n. 2729, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 febbraio 2008, n. 4000, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4060, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 febbraio 2008, n. 4673, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 marzo 2008, n. 7871, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 4 aprile 2008, n. 8740, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9814, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 maggio 2008, n. 11142, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 8 maggio 2008, n. 11362, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 maggio 2008, n. 11601, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 giugno 2008, n. 15327, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 settembre 2008, n. 22055, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 6 ottobre 2008, n. 24658, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 ottobre 2008, n. 25574 e Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 9 dicembre 2008, n. 28887, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1° luglio 2009, n. 15405, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 settembre 2009, n. 20980 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2010, n. 8893.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 maggio 2008, n. 13530, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 gennaio 2009, n. 394, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 16 febbraio 2009, n. 3710, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 luglio 2009, n. 16196 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 agosto 2009, n. 18169.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 8 giugno 2009, n. 13167 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno.
I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione sono stabiliti dalla legge o dalle norme corporative. (1)
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.
L'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.
Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell'articolo 2118.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 21 marzo 2008, n. 7654.
Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.
Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell'anzianità di servizio.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 gennaio 2008, n. 278.
In caso di richiamo alle armi, si applicano le disposizioni del primo e del terzo comma dell'articolo precedente.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.
Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.
Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 ottobre 2007, n. 22067, Tribunale di Trani, sentenza 20 marzo 2008, Tribunale di Cassino, sentenza 27 giugno 2008 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 luglio 2009, n. 16198.
L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile. (1)
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(1) Il comma che recitava: "Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civile." è stato così modificato dall'art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.
Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2007, n. 16682, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 maggio 2008, n. 11659 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 ottobre 2009, n. 22105.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 aprile 2008, n. 10218.
L'imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte che è carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali.
È nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 15 giugno 2007, n. 13997.
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1 febbraio 2007, n. 2233 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795.
Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 luglio 2007, n. 15334, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 ottobre 2007, n. 21445, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 ottobre 2009, n. 21221 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795.
Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.
Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (1).
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla norma medesima.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da atti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione.
(1) Dichiarata illegittimità di questa lettera, dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 142 del 5 aprile 1991, nella parte in cui non prevede la possibilità di concessione dell’anticipazione in ipotesi di acquisto “in itinere” comprovato con mezzi idonei a dimostrare l’effettività.
Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l'indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.
Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.
La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima.
È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione delle indennità.
Se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del contratto.
La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.
In caso di violazione di tale divieto, l'imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro da essi stipulati.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 1 del D.L.vo 18 maggio 2001, n.228
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(1) Articolo abrogato dall'art. 205, L. 19 maggio 1975, n. 151.
(1) Da ritenere abrogato dall’art 7 della L. 15 settembre 1964 n. 756.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Se non è comunicata disdetta a norma dell'articolo precedente, il contratto s'intende rinnovato di anno in anno.
La direzione dell'impresa spetta al concedente, il quale deve osservare le norme della buona tecnica agraria.
Le scorte conferite divengono comuni in proporzione dei rispettivi conferimenti.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
È a carico del mezzadro, salvo diverse disposizioni delle norme corporative (2), della convenzione o degli usi, la spesa della mano d'opera eventualmente necessaria per la normale coltivazione del podere.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Egli deve custodire il podere e mantenerlo in normale stato di produttività. Egli deve altresì custodire e conservare le altre cose affidategli dal concedente, con la diligenza del buon padre di famiglia, e non può, senza il consenso del concedente o salvo uso contrario, svolgere attività a suo esclusivo profitto o compiere prestazioni a favore di terzi.
Le obbligazioni contratte dal mezzadro nell'esercizio della mezzadria sono garantite dai suoi beni e da quelli comuni della famiglia colonica. I componenti della famiglia colonica non rispondono con i loro beni, se non hanno prestato espressa garanzia.
Se il mezzadro è sfornito di mezzi propri, il concedente deve anticipare senza interesse sino alla scadenza dell'anno agrario in corso, le spese indicate nel comma precedente, salvo rivalsa mediante prelevamento sui prodotti e sugli utili. (1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La misura del compenso, se non è stabilita [dalle norme corporative] dalla convenzione o dagli usi, è determinata dal giudice, e tenuto conto dell'eventuale incremento di reddito realizzato dal mezzadro.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Il giudice, con riguardo alle circostanze, può disporre il rimborso rateale.
I prodotti sono divisi in natura sul fondo con l'intervento delle parti.
Salvo diverse disposizioni delle norme corporative (1), della convenzione o degli usi, il mezzadro deve trasportare ai magazzini del concedente la quota a questo assegnata nella divisione.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La divisione si effettua sul ricavato della vendita, dedotte le spese.
In caso di morte del mezzadro la mezzadria si scioglie alla fine dell'anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del mezzadro vi sia persona idonea a sostituirlo ed i componenti della famiglia colonica si accordino nel designarla.
Se la morte del mezzadro è avvenuta negli ultimi quattro mesi dell'anno agrario, i componenti della famiglia colonica possono chiedere che la mezzadria continui sino alla fine dell'anno successivo, purché assicurino la buona coltivazione del podere. La richiesta deve essere fatta entro due mesi dalla morte del mezzadro, o, se ciò non è possibile, prima dell'inizio del nuovo anno agrario.
In tutti i casi se il podere non è coltivato con la dovuta diligenza, il concedente può fare eseguire a sue spese i lavori necessari, salvo rivalsa mediante prelevamento sui prodotti e sugli utili.
I crediti e i debiti del concedente verso il mezzadro risultanti dal libretto colonico passano a chi subentra nel godimento del fondo, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria dell'originario concedente.
Il concedente deve annotare di volta in volta su entrambi gli esemplari i crediti e i debiti delle parti relativi alla mezzadria, con indicazione della data e del fatto che li ha determinati.
Le annotazioni devono, alla fine dell'anno agrario, essere sottoscritte per accettazione dal concedente e dal mezzadro.
Il mezzadro deve presentare il libretto colonico al concedente per le annotazioni e per i saldi annuali.
Se una delle parti non presenta il proprio libretto, fa fede quello presentato.
In ogni caso le annotazioni delle partite fanno prova contro chi le ha scritte.
Con la sottoscrizione delle parti alla chiusura annuale del conto colonico, questo s'intende approvato. Le risultanze del conto possono essere impugnate soltanto per errori materiali, omissioni, falsità e duplicazioni di partite entro novanta giorni dalla consegna del libretto al mezzadro.
1) se si tratta di scorte vive, secondo la specie, il sesso, il numero, la qualità e il peso, ovvero, in mancanza di tali determinazioni, secondo il valore, tenuto conto della differenza di esso tra il tempo del conferimento e quello della riconsegna;
2) se si tratta di scorte morte circolanti, per quantità e qualità, valutando le eccedenze e le diminuzioni in base ai prezzi di mercato nel tempo della riconsegna;
3) se si tratta di scorte morte fisse, per specie, quantità, qualità e stato di uso.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La misura della ripartizione dei prodotti e degli utili è stabilita [dalle norme corporative] dalla convenzione o dagli usi.
Se non si fa luogo a rotazione di colture, la colonia non può avere una durata inferiore a due anni.
Egli deve custodire il fondo e mantenerlo in normale stato di produttività; deve altresì custodire e conservare le altre cose affidategli dal concedente con la diligenza del buon padre di famiglia.
In caso di morte del colono, si applicano a favore degli eredi di questo le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'articolo 2158.
L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto.
La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario.
La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell'articolo 2181.
Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato [dalle norme corporative (1) dalla convenzione o dagli usi.
Se non è data disdetta, il contratto s'intende rinnovato di anno in anno.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario.
Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore.
Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell'anno in corso.
È nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno.
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
Il soccidante preleva, d'accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all'età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all'inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell'articolo 2178.
Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono.
Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento.
Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell'anno in corso.
Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell'articolo 2184.
Se è convenuto che nella divisione del bestiame da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minor durata della soccida.
In tal caso il soccidario ha la direzione dell'impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione.
Si osservano inoltre le disposizioni dell'articolo 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice.
Il registro è tenuto dall'ufficio del registro delle imprese sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale.
Il registro è pubblico.
Prima di procedere all'iscrizione, l'ufficio del registro deve accertare l'autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione.
Il rifiuto dell'iscrizione deve essere comunicato con raccomandata al richiedente. Questi può ricorrere entro otto giorni al giudice del registro, che provvede con decreto.
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Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 18 gennaio 2008, n. 6.
L'ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione non può essere opposta dai terzi dal momento in cui l'iscrizione è avvenuta.
Sono salve le disposizioni particolari della legge.
1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
4) un'attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti.
Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano.
1) il cognome e il nome, il nome del padre, la cittadinanza;
2) la ditta;
3) l'oggetto dell'impresa;
4) la sede dell'impresa;
5) il cognome e il nome degli institori e procuratori.
All'atto della richiesta l'imprenditore deve depositare la sua firma autografa e quelle dei suoi institori e procuratori (1)
L'imprenditore deve inoltre chiedere l'iscrizione delle modificazioni relative agli elementi suindicati e della cessazione dell'impresa entro trenta giorni da quello in cui le modificazioni o la cessazione si verificano.
(1) Comma abrogato dall'art. 33, L. 24 novembre 2000, n. 340.
Nello stesso termine la richiesta deve essere fatta all'ufficio del luogo nel quale è istituita la sede secondaria, indicando altresì la sede principale, e il cognome e il nome del rappresentante preposto alla sede secondaria.
La disposizione del secondo comma si applica anche all'imprenditore che ha all'estero la sede principale dell'impresa.
L'imprenditore che istituisce sedi secondarie con rappresentanza stabile all'estero deve, entro trenta giorni, chiederne l'iscrizione all'ufficio del registro nella cui circoscrizione si trova la sede principale.
La preposizione può essere limitata all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell'impresa.
Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 16 maggio 2008, n. 12469.
L'institore può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è preposto.
In mancanza dell'iscrizione, la rappresentanza si reputa generale e le limitazioni di essa non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione dell'affare.
In mancanza dell'iscrizione, le limitazioni o la revoca non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione dell'affare.
Non possono tuttavia esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, né concedere dilazioni o sconti che non sono d'uso, salvo che siano a ciò espressamente autorizzati.
Sono altresì legittimati a chiedere i provvedimenti cautelari nell'interesse dell'imprenditore.
Fuori dei locali dell'impresa non possono esigere il prezzo, se non sono autorizzati o se non consegnano quietanza firmata dall'imprenditore.
Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori.
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Cfr. Tribunale di Cassino, sentenza 27 giugno 2008.
Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 21 dicembre 2007, n. 27034.
2. Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui e' possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.
3. Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell'imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti.
4. Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all'atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma.
5. I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l'efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile.
(1) Articolo introdotto dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni nella L. 28 gennaio 2009, n. 2
L'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
L'inventario deve essere sottoscritto dall'imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette.
Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti.
Le scritture e documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.